Dopo la morte di Yvan Colonna, anche la Bretagna si muove. La Francia non sarà più la stessa?

[Carlo Pala] *

Era persino una mattinata di bel sole e senza pioggia, a Rennes, capitale della Bretagna amministrativa, quell’8 aprile 2022. Eppure, quasi nessuno avrebbe potuto pensare, solo qualche giorno prima, che nella Rannvro Breizh, la Regione Bretagna, si sarebbe potuto vedere quanto non si era fino ad allora mai visto. A ulteriore dimostrazione del fatto che qualcosa si sta (nuovamente) muovendo, a livello politico, nella penisola armoricana.

Certo, i fatti còrsi – dopo l’aggressione e la morte di Yvan Colonna – e tutto ciò che a livello istituzionale ne è conseguito – hanno avuto una certa influenza, è innegabile. Ciò nondimeno appare significativo che quanto andremo a raccontare e analizzare sia avvenuto a due giorni dal primo turno delle elezioni Presidenziali francesi. E in una regione, nell’ambito dell’Esagono, che si è astenuta meno dalle urne, mantenendo fede a quella cultura civica che comunque la contraddistingue.

Qualche giorno prima del venerdì 8 aprile veniva iscritto un nuovo Ordine del Giorno (OdG) da discutere in Consiglio regionale. Il gruppo consiliare Breizh a-Gleiz (Bretagna a/di Sinistra), quello in cui siedono anche gli autonomisti, attraverso la propria capogruppo Aziliz Gouez ha sottoposto all’attenzione dell’emiciclo un OdG rivolto direttamente allo Stato.

In questo si chiedeva che la Regione Bretagna potesse dotarsi di poteri legislativi e amministrativi di maggior ampiezza per esercitare una certa forma di autonomia nelle decisioni da prendere per la collettività, assieme ai mezzi finanziari e fiscali per poter gestire al meglio tale, ancora ipotetica, autonomia, da amministrare anch’essi a Rennes.

Già questo, per chi è avvezzo alle questioni francesi, apparirebbe di per sé rivoluzionario. In più, vi è un altro elemento di forte impatto, se si può dire così. All’interno di questo OdG si fa menzione della Bretagna “storica”, ovvero quella, come ci è capitato di dire di recente su questo stesso blog, che comprende la Loira Atlantica (di fatto amministrativamente parte di un’altra regione francese) con Nantes capoluogo. Quindi, nello stesso documento si chiedeva, così come era emerso già nel 2021, che i poteri di autonomia andassero ad una futura Bretagna réunifiée. Si può ben comprendere che portare il Consiglio a discutere di queste tematiche, considerato il contesto repubblicano e giacobino a due giorni dalle elezioni, con ciò che avveniva in Corsica a lato, avesse una valenza di tutto rilievo.
Non era mai stato fatto prima e non in questi termini.


Tuttavia, non è finita qui.

Perché, appunto, ci si aspetterebbe un OdG promosso da un gruppo politico in cui, assieme agli ecologisti, siedono fondamentalmente gli autonomisti e regionalisti dell’UDB (Union Démocratique Bretonne), presentato solo per spirito di appartenenza alle proprie idealità politiche. Ma è quello che succede dopo, registrato puntualmente da tutta la stampa francese nazionale, come davvero rivoluzionario. Ovvero, che tale OdG non solo non sia stato respinto in fase di iscrizione in agenda dei lavori consiliari, ma, fatto mai verificatosi prima, sia stato approvato a larghissima maggioranza.

In seguito, dopo l’iscrizione dell’OdG stesso ai lavori dell’Aula, a parte i pochissimi consiglieri del Rassemblement National di Marine Le Pen contrari, l’assemblea lo approvava nettamente. Quindi, le opposizioni regionaliste ed ecologiste, promotrici, sono state affiancate dalla destra repubblicana neogollista e dai macroniani, sempre in minoranza, ma anche dalle sinistre di governo rappresentate in particolar modo dal Parti Socialiste del Presidente Loïg Chesnais-Girard. E addirittura il Vicepresidente della Regione (Michaël Quernez), nel dibattito, si esprimeva per il sì alla Bretagna a cinque dipartimenti (quindi, riunificata), all’autonomia e alla decentralizzazione. Quello che sarebbe potuto sembrare un discorso fatto non tanto da un autonomista – che forse non avrebbe osato nelle istituzioni esprimersi proprio in quei termini fino a poco tempo fa – ma da un vero e proprio indipendentista.

E probabilmente non è nemmeno un caso che il giorno prima, il giovedì 7 aprile, sempre in Consiglio regionale sia stato sperimentato e testato, per la prima volta in un’assemblea regionale francese rappresentativa di lingue regionali e patois, un sistema di traduzione simultanea dal bretone e dal gallo (le lingue regionali riconosciute dal Consiglio) al francese, e viceversa. Ben nove consiglieri (importante: di tutte le tendenze politiche, comprese quelle in teoria maggiormente lontane dalle rivendicazioni regionaliste) hanno preso la parola in bretone e due in gallo, tradotti simultaneamente in francese, “pretendendo” poi che gli altri colleghi, esprimendosi in francese, venissero loro tradotti, appunto, in bretone e gallo.

Anche se i più l’hanno trattata come una specie di “mascherata”, non altrettanto pare abbiano fatto i servizi segreti francesi, che a marzo, in piena sommossa còrsa dopo i fatti noti, si sono trovati davanti ad un comunicato.
Il 21 marzo, proprio mentre Yvan Colonna moriva in ospedale, il FLB-ARB (Front de Libération de la Bretagne/Armée Révolutionnaire Bretonne) inviava un comunicato stampa al quotidiano Ouest-France in cui minacciava la ripresa delle azioni violente se non fosse stato organizzato un referendum, da parte dello Stato, sulla riunificazione della Bretagna e successivamente sull’autonomia e/o indipendenza della Bretagna dalla Francia.

Ciò che ha fatto dubitare della possibile azione di un solitario è il fatto che tutto ciò sarebbe dovuto essere organizzato entro il 31 dicembre: troppo poco tempo, anche per il più ottimista – e decisionista – dei militanti. Intanto però, in un rapporto che i servizi segreti hanno inviato al governo, si invitava ad ogni modo a non sottovalutare il fenomeno. È vero, dice il Rapporto, che i militanti del FLB-ARB parevano oramai estinti, ma è altrettanto vero che le condizioni generali e contestuali dovrebbero invitare alla massima attenzione. Ultimamente, infatti, c’erano stati, tra il 2020 e il 2021 soprattutto, attentati a cantieri di lavori pubblici accusati di “distruggere il territorio bretone” (come il giorno di Natale a Rostrenen) che, in maniera un po’ confusa, si facevano attribuire proprio a tale organizzazione clandestina.

Le nove province storiche della Bretagna (fonte: https://www.eurominority.eu/index.php/en/brittany/)

Non è necessario mescolare tutti questi elementi, così molto diversi tra loro, per accorgersi, come avevamo già cercato di notare qualche tempo fa, che si è aperta di fatto una stagione nuova in Bretagna. Stagione in cui sta cambiando il tipo di approccio dei cittadini verso la propria regione e Regione. Ovvero, quindi, sia al proprio territorio ed ai suoi abitanti (qualche anno fa i Bonnets rouges hanno cominciato a mostrarlo bene) che, fatto nuovo, verso le proprie Istituzioni politico-rappresentative.

Pare radicarsi la convinzione che, malgrado i poteri della Regione Bretagna siano assolutamente limitati agli occhi, ad esempio, di un lettore italiano che sa cosa possono fare le Regioni in Italia, da essa non si possa prescindere.
I bretoni rafforzano in maniera visibile la consapevolezza della necessità di una certa devoluzione di poteri da Parigi. Ci era capitato già di parlare dei bretoni che chiedevano sempre più la riunificazione della Loira Atlantica alla Bretagna amministrativa. E non solo a Rennes, ma anche a Nantes, cosa che cambia, di molto, il paradigma finora conosciuto.

E, sempre sottotraccia, per quanto in maniera indissolubile, il vero collante di tutto ciò, è il nuovo spirito identitario che pervade i suoi abitanti. Il che non si traduce solo in una militanza culturale, pur restando questo ambito quello maggiormente visibile e attivo; ma si estende anche ad un impegno più direttamente politico che la nuova stagione del presidenzialismo francese, qualunque esito diano anche le Legislative del prossimo giugno, andrà certamente a delineare.

Sta di fatto che un – finora – ristretto vocabolario politico va inesorabilmente ad arricchirsi di parole e concetti tornati di attualità. E, forse, Parigi, non solo in Bretagna, non potrà più far finta di non conoscere quella lingua, quantomeno per confrontarvisi.

Link e approfondimenti:

Carlo Pala, La Bretagna e il suo Emsav non dorme mai, “Ethnos & Demos”, 23 Luglio 2021: https://ethnosdemos.wordpress.com/2021/07/23/la-bretagna-e-il-suo-emsav-non-dorme-mai/

Marco Stolfo, «Paris strikes again». La Francia si conferma “allergica” a pluralismo e diritti linguistici, “Ethnos & Demos”, 27 Giugno 2021: https://ethnosdemos.wordpress.com/2021/06/27/paris-strikes-again-la-francia-si-conferma-allergica-a-pluralismo-e-diritti-linguistici/

* Carlo Pala è politologo all’Università di Sassari, sede di Nuoro. I suoi interessi di ricerca guardano, tra gli altri, al cleavage centro-periferia, ai partiti etnoregionalisti, ai fenomeni indipendentisti e alla politicizzazione delle identità sub-statali. È autore di diverse pubblicazioni su questi e altri temi.

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