La Corsica e lo Stato-nazione. Il nazionalismo statale di Macron

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[Andría Pili]

Le affermazioni elettorali di Pé a Corsica, nel 2017, hanno posto la questione còrsa all’ordine del giorno della politica francese, mettendo – allo stesso tempo – la Repubblica una e indivisibile di fronte al proprio centralismo, chiamata ad interrogarsi sui propri limiti. Il problema còrso è un problema politico, democratico, non risolvibile con maggiori provvidenze statali o con più gendarmi; la Corsica è una nazione altra, non un dipartimento. Questi sono i due punti fondamentali che gli esponenti nazionalisti hanno posto, a Parigi, come dei rappresentanti legittimi di una nazione e non da semplici eletti locali di un partito francese. Il Presidente còrso Gilles Simeoni ha dichiarato: «Se la Costituzione non riconosce l’esistenza di un popolo, deve essere la Costituzione a cambiare e non questo popolo a scomparire». La riforma della Costituzione (1958) è vista come cruciale al fine di attuare le rivendicazioni nazionaliste: statuto di residenza, sovranità fiscale, co-ufficialità della lingua. È necessario un potere legislativo autonomo, ottenibile solo con l’inserimento della Corsica nella Carta tramite un nuovo comma dell’art.74, che consentirebbe all’isola di ottenere uno status simile a quello dei Territori d’Oltremare, emancipandosi dai vincoli del territorio metropolitano. Il rapporto sulla riforma istituzionale, realizzato con l’aiuto della costituzionalista Wanna Mastor, che i nazionalisti hanno consegnato a Matignon e all’Eliseo non contiene alcuna proposta sovversiva: si chiede un’autonomia speciale – portando ad esempio il regionalismo costituzionale di Stati europei come la Spagna, il Portogallo e l’Italia – specificando come essa non rappresenti una minaccia per l’indivisibilità della Repubblica.

Durante i primi 40 giorni del 2018 si è svolta la prima grande battaglia di questo conflitto istituzionale; per ora, una guerra di posizione. Il 5 gennaio è giunta nell’isola la ministra Jacqueline Gourault; il 22 gennaio, a Parigi, Gilles Simeoni e Jean-Guy Talamoni hanno incontrato il premier Philippe e i ministri Collomb e Gourault. Lo Stato francese non è disposto a concedere nulla. L’unica riforma costituzionale ammessa è quella dell’art. 72, che consentirebbe esclusivamente di adattare le leggi statali allo specifico territorio còrso, per cui – giuridicamente, secondo il succitato rapporto – la Collettività Còrsa avrebbe lo stesso valore della città metropolitana di Lione. Delusi dai due colloqui – secondo Simeoni, lo Stato non chiede un confronto ma una capitolazione dolce – i rappresentanti còrsi hanno chiamato una grande manifestazione popolare, a sostegno delle rivendicazioni nazionaliste, ad Ajaccio per il 3 febbraio. La notte prima della dimostrazione, l’assemblea di Corsica ha approvato una risoluzione in favore della riforma costituzionale, non solo con i voti di Pé a Corsica ma anche degli autonomisti macroniani di Orsucci e di un consigliere della Destra Repubblicana. Nel capoluogo còrso marceranno migliaia di persone, circa 25000 secondo gli organizzatori; una prova di forza in vista dell’imminente arrivo del Presidente della Repubblica per il 6 febbraio.

Il giorno non è dei migliori: è l’anniversario dell’assassinio del prefetto Érignac, ucciso nel 1998 ad Ajaccio da un gruppo di indipendentisti armati dissidenti. Inevitabile toccare la delicata questione dei prigionieri politici; sicuramente evitabile l’invito a Jean Pierre Chevenement – ministro dell’interno all’epoca dell’omicidio – responsabile dell’arresto di numerosi innocenti e della nomina, a successore del prefetto ucciso, di Bernard Bonnet, che organizzò dei finti attentati indipendentisti. Nel suo discorso ajaccino, Macron, è riuscito a colpire più volte la sensibilità nazionalista, non solo respingendo la richiesta di un’amnistia per i condannati, ma anche negando al gesto ogni carattere politico descrivendolo come un atto di tradimento dei valori repubblicani della nazione, commesso da altri francesi contro un servitore dello Stato, paragonandolo pure all’odierno terrorismo islamista. L’idea indipendentista è stata il bersaglio di buona parte del suo intervento, per affermare che non avrebbe fatto alcuna concessione a richieste che metterebbero l’isola fuori dalla Repubblica.

Il giorno dopo, a Bastia, il Presidente ha tenuto un discorso sui rapporti fra la Corsica e lo Stato francese, manifestando una totale chiusura alle richieste nazionaliste: lo statuto di residenza – una sorta di cittadinanza còrsa – non risolverebbe il problema della speculazione su immobili e prezzi dei terreni, oltre a porre l’isola fuori dal diritto francese e dal diritto europeo; il bilinguismo va sostenuto ma l’unica lingua ufficiale è il francese; la sovranità fiscale sarebbe utopistica e contraria al principio di solidarietà nazionale; l’unica forma di autonomia possibile deve passare per l’art.72, al fine di adattare le leggi alle specificità del territorio còrso. In 65 minuti, Macron ha sottolineato ossessivamente l’identità comune fra Corsica e Francia: la prima sarebbe «nel cuore della Repubblica», le sue specificità culturali arricchiscono la Repubblica; la Francia consente all’identità còrsa di essere più ricca e aperta; l’identità e il futuro della Corsica sono inscindibili da Francia ed Europa. Per evidenziare la comune memoria storica, grande enfasi è stata posta sull’antifascismo: dal giuramento di Bastia del 1938, contro le mire «irredentiste» di Mussolini, alla Resistenza in cui l’isola fu il primo dipartimento francese a liberarsi dall’occupazione nazifascista. Altro tema ricorso ossessivamente è quello della mediterraneità della Corsica: l’isola – punta avanzata della politica francese nel Mediterraneo – ha un ruolo geopolitico e culturale strategico per la Repubblica.

La colonialità delle parole di Macron è un ottimo esempio delle contraddizioni del nazionalismo di Stato, quanto dell’incapacità francese di gestire le nazionalità interne. Il tentativo di mostrare la conciliabilità dell’identità còrsa con quella francese, infatti, non fa che rivelare l’esatto contrario: simili argomentazioni sono necessarie soltanto per quelle comunità la cui mera esistenza pone un problema alla concezione monolitica di Nazione-Stato. Soltanto in presenza di una unità politica diseguale, in cui la Corsica è subalterna, vi è la necessità di ribadire dei pretesi valori ed obiettivi comuni entro una narrazione storica del tutto funzionale a nascondere il reale conflitto di interessi tra l’isola e la Francia. Emblematica è la visione della Corsica nel Mediterraneo, in cui la sua massima aspirazione dovrebbe essere quella di servire da «punta avanzata» della politica francese nel Mare. La stessa visione dei francesi che conquistarono l’isola nel 1768 per farne l’equivalente di Minorca o Gibilterra, una base navale, un punto di appoggio strategico nell’area. Del resto, come dice sempre Macron, l’essere una terra di conquista e riconquista fa parte dell’identità còrsa, sempre aperta e meticcia in quanto mediterranea. Questo stereotipo della frequente sottomissione vede i còrsi come un popolo vulnerabile e bisognoso di protezione da parte di una potenza fraterna, il cui successo viene così a coincidere con la stessa realizzazione della Corsica nel mondo. Entro questo ragionamento, si esclude che l’isola possa svolgere un suo ruolo indipendente nel Mediterraneo; la sua grandezza e missione naturale sta nell’essere funzionale alla Francia; lo Stato centrale assume un ruolo paternalista, presentandosi come garante di sicurezza e sviluppo economico.

I nazionalisti hanno tacciato il Presidente di colonialismo; l’opposizione assembleare ha invece approvato le posizioni del Presidente. Nell’arco politico esagonale, soltanto Jean-Luc Mélenchon, leader della Sinistra radicale (La France Insoumise), si è detto favorevole alla revisione dell’art.74; tale apertura, tuttavia, non è il frutto di un’evoluzione nel suo estremismo giacobino ma della volontà di evitare che un contagio regionalista nel continente, minacci la Repubblica una e indivisibile. Probabilmente Macron ha chiuso la porta alle richieste nazionaliste per lo stesso timore che il nazionalismo còrso funga da ariete contro il centralismo, coinvolgente altre nazionalità interne (Bretagna, Euskadi) che potrebbero avanzare analoghe richieste di autonomia speciale. In Iparralde (Paesi Baschi francesi) esiste un nazionalismo di Sinistra capace di contendere l’egemonia di quel campo politico alla France Insoumise e, da un anno, è nata una sorta di unione dei comuni baschi; in Bretagna, il presidente del consiglio regionale Loig Chesnais-Girard, del Partito Socialista, ritiene che l’inserimento della Corsica in Costituzione – per l’art.72 – apra un’opportunità anche per il diritto alla sua regione a differenziarsi, al fine di ottenere l’autonomia fiscale.

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